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IMPEGNOCARITAS

NEWSLETTER DELLE CARITAS DIOCESANE DELLA SARDEGNA

N. 5, 7 dicembre 2022

"COSTRUTTORI DI PACE

CON CORAGGIO E CREATIVITÀ"

Caritas diocesana di ALES-TERRALBA

Una nuova vita dopo tante cadute

di Stefania Pusceddu

Giovanni (nome di fantasia) è arrivato alla soglia dei 50 anni lasciandosi alle spalle una vita difficile, per accogliere con gioia un futuro migliore, di pace e amore.

Ne ha passate tante e ha conosciuto la solitudine, negli anni in cui è caduto nel tunnel nero della droga. Non distingueva più il giorno e la notte di quei giorni tutti uguali, in stato di incoscienza. È caduto in quel vortice vuoto per fuggire dalle fragilità e invece il suo corpo e la sua anima sono stati ancora più feriti. Non riconosceva più il bene dal male, in quella vita non vissuta. «Ho fatto tanti errori - racconta -  mi sono sentito solo, inutile, fallito. Ad ogni caduta cercavo di rialzarmi, ma non ci riuscivo. Avevo la sensazione di cadere sempre più in basso, di sprofondare fino a farmi mancare l’aria. Ero convinto che la mia vita non valesse nulla. Ero infelice e la droga spegneva i miei pensieri. Per averla ho commesso altri errori, macchiandomi di reati che poi mi hanno portato delle conseguenze con la giustizia, che ancora oggi sto pagando, mentre cerco di riscattarmi». Poi, dopo tanto dolore, la svolta: un piccolo spiraglio di luce al quale Giovanni si è aggrappato con tutte le sue forze. «Sono entrato in comunità all’interno della Fondazione Madonna del Rosario per disintossicarmi e ho capito che meritavo di più e che la vita è bella. Mi sono detto: Giovanni è la tua ultima occasione, non sprecarla!». Quel giorno è cominciato il suo nuovo cammino, al fianco di operatori, volontari e compagni di vita. «Ho trascorso anni a ritrovarmi, a curare le ferite, a liberarmi dalla droga, dal passato, e soprattutto a ricostruirmi e a rinascere». Giovanni oggi è un uomo nuovo, costruttore di pace. «Ho trovato il mio equilibrio e mi impegno per aiutare gli altri. Assisto un caro malato, faccio il volontario in comunità e nel frattempo, ora che ho finito il percorso in comunità, ho ripreso gli studi e, grazie alla Caritas di Ales-Terralba, ho frequentato dei corsi di formazione professionale che mi hanno dato una qualifica e un mestiere. Oggi lavoro in una cooperativa e faccio ciò che più amo, a contatto con gli animali. Devo ancora scontare una parte della mia pena, ma sono cambiato e guardo al futuro con speranza. Tutti possiamo sbagliare, ma se ci viene data una possibilità o, ancora meglio, un’ulteriore possibilità, forse possiamo cambiare davvero». E conclude: «Ho superato il dolore e vivo questo tempo di Avvento con la pace nel cuore e il desiderio di aiutare chi incontro nel mio cammino, così come sono stato aiutato io».

Caritas diocesana di ALGHERO-BOSA

La pace nasce alle porte di casa nostra

di Gabriele Tilloca

Quanto è complicato parlare di pace nel momento storico che stiamo vivendo. Il conflitto che si svolge alle porte dell’Europa ci fa pensare che costruire la pace sia un'impresa impossibile. Eppure, le parole di Papa Francesco ci ricordano che “un cristiano porta sempre la pace perché Cristo è la pace”. E allora si fa tutto un po’ più chiaro: non saremo noi a risolvere un conflitto internazionale, ma sempre noi, nel nostro piccolo, possiamo fare qualcosa. Don Mario, a Cuglieri, nella Diocesi di Alghero-Bosa, dal 2016 si fa portatore di gesti concreti, dimostrando quanto la pace può essere davvero protagonista: «Quando sono arrivate a Cuglieri due famiglie ucraine, composte da due mamme, una nonna, 4 bambini e una ragazza, provenienti dalla drammatica situazione conseguente alla guerra, ci siamo attivati per offrire loro viveri e indumenti. Poi, non potendo essere più ospitate nell'abitazione di un privato, mi è stato chiesto se potessimo fare qualcosa per loro. Ho pensato che fosse una buona idea ospitarle presso la casa parrocchiale di S. Caterina, rimessa in ordine lo scorso anno». Cuglieri ha poco più di 2000 abitanti, ma quando c’è stato bisogno, la comunità ha risposto con grande partecipazione. «La gente si è dimostrata sensibile e generosa offrendo diversi aiuti materiali, con donazioni di vestiario e cibo. Il segreto è la sensibilità della nostra gente, che si muove e tenta di esser vicina a coloro che vivono nella difficoltà e nel bisogno, forte dei valori cristiani che si ispirano all'amore e al servizio degli altri».

Durante il periodo dell’avvento, questo pensiero di solidarietà non può che rafforzarsi, afferma padre Mario: «Il Natale può esser portatore di un messaggio forte. Nelle due comunità, Cuglieri e S. Caterina, siamo già entrati nell'idea di vivere un Avvento di solidarietà che ci vedrà impegnati nel raccogliere tutto quello che sarà possibile in viveri, denaro, indumenti e oggetti che possano esser di conforto e di sostegno in questo prossimo inverno, che richiederà di organizzarsi per far fronte al freddo e alle conseguenti necessità da affrontare nella stagione rigida che si sta avvicinando».

La pace, dunque, nasce alle porte di casa nostra. Essere portatori di pace non significa essere alti funzionari politici, ma portare nelle nostre comunità una luce di speranza, come quelle che accenderemo durante le domeniche di Avvento.

Caritas diocesana di CAGLIARI

La luce della rinascita

di Maria Chiara Cugusi

Lemar è nato quasi tre mesi fa in uno dei Centri di accoglienza straordinaria (CAS) della Caritas diocesana di Cagliari: il suo nome in lingua pashtu significa “Sole”. «L’ho scelto - spiega sua madre, Saliha, 30 anni - perché il suo arrivo ha portato una grande luce nella nostra vita». Lei e suo marito, Baheer Karwan, sono fuggiti da Kabul nell’agosto 2021, dopo che i talebani hanno preso il potere. «Abbiamo dovuto lasciare tutto ciò che ci eravamo costruiti - raccontano -, ricominciare daccapo».  Arrivati nell’Isola, hanno vissuto in due diversi CAS della Caritas, prima a Quartucciu, ora a Cagliari, con altre famiglie. «Qui stiamo riuscendo a rifarci una vita, a lasciarci alle spalle il passato, anche se il nostro Paese ci manca, lì ci sono i nostri familiari».

A Kabul Saliha lavorava come insegnante di chimica in una scuola secondaria, dove da qualche mese sono state sospese le lezioni per le studentesse con più di 12 anni, per volontà del nuovo regime: «Le mie alunne continuano a chiamarmi per sapere quando potranno riprendere le lezioni - racconta Saliha -: stavano preparando l’esame di chimica, e poi da un giorno all’altro sono state costrette a restare a casa, a rinunciare ai loro sogni. Io le ascolto, cerco di farle reagire, e nel frattempo trattengo le lacrime».

Nonostante la sofferenza, in Sardegna la vita di questa famiglia è ripartita, coronata dalla nascita del primo figlio, dopo tanti anni di attesa. «Dobbiamo ringraziare la Caritas, ci ha aiutato a guardare al futuro». Sono quattro le famiglie afghane accolte attualmente dalla Caritas diocesana, 22 ospiti in tutto. Nell’ambito del percorso di prima accoglienza, lezioni di italiano (al CPIA1 Cagliari e grazie all’associazione COSAS), supporto socio-sanitario, burocratico, e iscrizione dei minori nelle scuole cittadine. Inoltre, da qualche giorno Saliha ha riniziato il laboratorio di artigianato attivato l’anno scorso nell’ambito del progetto “Inner Ca”, promosso dall’associazione “International Inner Wheel” e dalla Caritas diocesana, e giunto alla seconda sessione. Qui grazie ai tessuti si raccontano le tradizioni, ci si conosce, si comunica e nascono amicizie vere. Alla prima sessione hanno partecipato una decina di donne afghane, ora si stanno aggiungendo donne fragili di ogni nazionalità. Oltre alla possibilità di affiatarsi, anche un momento di formazione professionale in vista di una prospettiva lavorativa concreta, per guardare al futuro con sempre maggiore speranza.

Caritas diocesana di IGLESIAS

Semplicemente un uomo nuovo

di Emanuela Frau

«All’inizio della detenzione ripercorrevo mentalmente gli eventi che mi avevano portato a quella situazione, cercando di estrapolare analiticamente i miei sbagli e trovarvi rimedio». È così che Francesco (nome di fantasia), inizia a raccontare la sua storia: un’intensa esperienza vissuta tra le mura dell’allora Casa circondariale di Iglesias. Il suo rapporto con la Caritas inizia nel 2012, grazie al supporto dei suoi operatori in servizio al carcere. Il costante impegno nello studio ha caratterizzato in maniera determinante il suo percorso detentivo. «Ho maturato l’idea di proseguire gli studi fin dall’inizio della mia detenzione affinché gli anni della mia condanna fossero impostati su un percorso di miglioramento personale sotto tutti gli aspetti». Nonostante la difficile situazione che ha dovuto affrontare, Francesco non ha mai perso l’entusiasmo per lo studio, riconoscendone lo straordinario potere salvifico; «mi ha concesso di poter vedere gli aspetti della vita da una diversa prospettiva secondo il detto che “nulla cambia, ma se io cambio, tutto cambia”, e mi ha permesso di affrontare la detenzione e la libertà a fine pena con maggior consapevolezza». Leggere, studiare per prepararsi agli esami all’Università gli ha consentito di continuare ad apprezzare la vita e ad entusiasmarsi, sempre sostenuto dalla fede, anche nei momenti più difficili. Francesco ha potuto creare delle ottime relazioni con i volontari della Caritas; ma un incontro fra tutti è stato determinante: «Ho incontrato la mia attuale moglie. L’incontro ha cambiato la nostra vita. Anche lei mi è stata vicino». Oltre alla laurea e all’amore, questa intensa esperienza di vita gli ha consentito di raggiungere una diversa consapevolezza. «Sicuramente mi sono riconciliato con me stesso, senza dimenticare il passato; ho trovato in parte la mia pace interiore, ma sono profondamente deluso dalla società; ho riscontrato da parte delle istituzioni una condanna ancora da espiare, come se non avessi pagato a sufficienza». Nonostante le istituzioni – a suo dire – non incentivino il percorso formativo dei detenuti e le carceri così strutturate conducano all’alienazione della persona, Francesco ha un pensiero per chi oggi è detenuto: «Consiglio determinazione e resilienza a chi attraversa il mio stesso percorso; è necessario molto coraggio per poi riavere la libertà che per me significa semplicemente essere un uomo nuovo e in pace, riconciliato con me stesso, con Dio e con gli altri».

Caritas diocesana di LANUSEI

L’attesa e il compimento di un abbraccio

di Augusta Cabras

Il gruppo di persone che compone il Centro d’ascolto della Caritas di Lanusei, spesso si trova a dover ascoltare storie di sofferenza e a offrire in cambio aiuto e speranza. Sono sempre storie di vita complesse, complicate da relazioni familiari fragili e dalla crisi economica che non accenna a passare, segnate da un sentimento di rassegnazione e solitudine che serpeggia sempre di più e dalla sensazione che il futuro non abbia in serbo nulla di buono. A tutto questo la Caritas risponde con il coraggio della Parola, con la forza della Carità, con la luce della Speranza. Lo ha fatto anche con Hashim (nome di fantasia), un uomo che ormai risiede in Ogliastra da tanti anni ma che ha le radici e il cuore nel Nord Africa. Ha 61 anni, è padre di quattro figli e nel 2017 si è rivolto per la prima volta alla Caritas. Lo ha fatto con grande prudenza e una buona dose di diffidenza. Diffidenza e pudore che caratterizzano chi ha bisogno e di questo bisogno ne sente tutto il carico. Le sue precarie condizioni di vita e la sua situazione lavorativa, lo avevano costretto a chiedere aiuto per poter pagare le bollette, per poter ricevere i pacchi contenenti gli alimenti e il vestiario adatto alla stagione. Negli anni anche la sua salute è diventata precaria, le difficoltà sono aumentate notevolmente e la Caritas non l’ha mai lasciato solo, neanche quando ha dovuto affrontare una lunga e complessa controversia legata all’ottenimento della pensione, poi risoltasi positivamente. I problemi di salute di Hashim, sono peggiorati tanto da aver bisogno del trattamento di emodialisi, garantito dalla Asl di Lanusei. Nel 2022, per questioni legate alla sua famiglia, aveva la necessità di tornare nel suo paese di origine, dopo lunghissimi anni di lontananza. Questo però avrebbe comportato la sospensione delle sedute di emodialisi, perché costosissime. La Caritas allora, favorendo la riconciliazione e la riappacificazione familiare, permettendo a lui di riabbracciare i propri cari dopo tanto tempo e di risolvere questioni importanti lasciate in sospeso da anni, ha consentito ad Hashim di fare le sedute di emodialisi nel suo Paese, sostenendone tutti i costi. Questo gesto concreto della Caritas, insieme a quelli fatti nel corso di questi anni, ha aperto ancora di più il cuore di Hashim e ha fatto sgorgare in lui sentimenti di profonda gratitudine. «Al rientro dal suo paese, Hashim è venuto a trovarci con sua moglie e con la sua bambina - spiega la volontaria Livia Loi -.  Questo è stato per noi motivo di grande gioia».

Caritas diocesana di NUORO

La pace nei piccoli gesti

di Francesca Uleri

«Posso dire che la Caritas per me ha fatto tanto. E se non ci fosse stata, io sarei morto oppure mi troverei in galera. Questo lo posso dire con convinzione perché per me essa è stata un punto di riferimento importante». Antonio (nome di fantasia), ex detenuto della Casa circondariale di Nuoro, inizia così a raccontare della Caritas diocesana nuorese e dei volontari che ha incontrato in questi ultimi anni. Una relazione che ha conosciuto momenti di sconforto alternati a quelli di speranza, che l’ha aiutato a prendere confidenza con sé e con gli altri, che oggi ancora lo sostiene e lo aiuta a riportare la luce e la serenità sulla sua vita quando quasi tutto sembrava difficile e scoraggiante. Perché non è facile  - racconta Antonio- cercare di costruirsi una vita normale, quando il passato è fatto di grandi sofferenze e scelte sbagliate. Abbandonato da piccolo dai genitori, ha vissuto in condizioni precarie con i suoi nonni e ha imparato presto a vivere di espedienti e piccoli furti, fino a quando, stanco delle violenze subite e della condizione di disagio, ancora minorenne, ha deciso di scappare di casa. Alternando periodi di libertà e detenzione, per reati sempre più gravi, all’età di 19 anni avrebbe voluto riscattarsi dal passato e sognava di diventare un medico senza riuscire però a trovare il giusto sostegno morale ed economico. «Quando mi sono reso conto che non sarei riuscito a riscattarmi, sono ricaduto nell’errore, e oggi, dopo questi dieci anni di detenzione, mi ritrovo a mettercela tutta per vivere e fare il percorso giusto e avere quella serenità che non ho mai avuto». Quella pace che trova nelle parole e nei gesti dei volontari: un affetto che lo fa emozionare e rinascere ogni volta, che gli infonde forza e gli dà la spinta per guardare avanti con coraggio e creatività. E nel desiderio e nella speranza che racconta si intravede non solo l’aspettativa che qualcosa cambi, ma anche l’attesa di Dio. Dio che si è fatto uomo per la salvezza di tutti e che ogni giorno continua a fiorire nei cuori e nella storia di ognuno con l’amore e la tenerezza del Bambino Gesù.

Caritas diocesana di ORISTANO

Accoglienza e servizio: due vie per la pace

a cura della Caritas diocesana Arborense

Samuele (nome di fantasia) è un ragazzo di 35 anni originario del Nord Italia che diversi anni fa, per una serie di vicissitudini personali, si è trasferito in Sardegna dove ha ritrovato la sua famiglia di origine con la quale, però, non aveva mantenuto grandi rapporti. Ad aggravare una situazione di fragilità relazionale e di precarietà economica, è sopraggiunta una condanna per un reato compiuto qualche anno prima, che lo ha portato a scontare alcuni mesi in carcere. Dopodiché gli è stato concesso l’affidamento in prova ai servizi sociali di UEPE (Ufficio di Esecuzione Penale Esterna) come misura alternativa alla pena. Samuele è arrivato così alla Caritas diocesana, su invio del proprio avvocato, per il primo ascolto. «All’epoca ero molto giovane e ho vissuto molto male il colloquio - racconta -, ero certo che mi avrebbero giudicato per quello che avevo fatto e mi avrebbero trattato con diffidenza. Se ci ripenso oggi, mi ricordo che sono stato molto freddo e non avevo nessuna voglia di parlare dei fatti miei, anche se le persone che mi hanno accolto hanno fatto il possibile per mettermi a mio agio».

Dopo quel giorno Samuele ha iniziato in Caritas il suo lungo percorso di oltre due anni. «I primi mesi sono stati difficili - ricorda - perché, nonostante la buona accoglienza ricevuta, non mi sentivo tranquillo. Ero comunque sulla difensiva, non davo confidenza a nessuno e preferivo fare quelle cose che mi tenevano il più lontano possibile dagli altri volontari. Avevo paura che capissero perché ero lì, nonostante mi avessero assicurato che solo poche e fidate persone conoscevano la mia storia». Solamente dopo diversi mesi Samuele ha iniziato a cambiare pian piano il suo atteggiamento e ad instaurare un rapporto sereno e alla pari con gli altri volontari, grazie anche al percorso psicologico che era stato obbligato a seguire dal giudice. «Lo psicologo mi ha aiutato molto ma ancora di più mi è servito non sentirmi giudicato, essere accolto come in una famiglia. Ad un certo punto ho capito che potevo abbassare la guardia ed essere me stesso».

Oggi Samuele vive in una grande città e, a distanza di parecchi anni, si è rifatto una vita: si è sposato, ha trovato un lavoro e ogni settimana ha scelto di dedicare qualche ora del suo tempo libero al volontariato. «Lo faccio anche per restituire almeno una parte del bene ricevuto nel momento di difficoltà e questo - afferma con orgoglio - mi fa sentire in pace con me stesso e con gli altri».

Caritas diocesana di OZIERI

Coraggio e creatività: i mille volti della pace

di Stefania Sanna

La Caritas diocesana di Ozieri è come il piccolo Davide che davanti al gigante Golia sembra un niente, ma ha in sé il coraggio e la forza di chi sa che nella propria vocazione c’è l'aiuto all’altro. Ed è così che nasce il coraggio, attraverso l’incontro quotidiano con chi ha bisogno e chiede aiuto alla nostra piccola Caritas, instancabile nella ricerca di strade, opportunità, mezzi e persone che possano dare un servizio che non sia mero assistenzialismo. Coraggio nel mettersi sempre in gioco, nello scorgere la necessità di cambiare e accogliere anche coloro che talvolta criticano e sminuiscono l’operato della Caritas; creatività nel cercare sempre il bene in chi si ha davanti. Coraggio e creatività per costruire e inventare lavoro, con l’aiuto della Cooperativa SPES che, braccio operativo della Caritas diocesana, si spende per far nascere opportunità di lavoro che sanno di pane, di vino, di pizza solidale e che in un’ottica di centralità della persona promuove il lavoro come strumento pedagogico capace di restituire un posto nella società: il lavoro che costruisce pace! Il coraggio nell'accogliere chi arriva da paesi difficili come accade nel nostro Centro di Accoglienza Straordinario che ospita una famiglia afghana con i suoi otto figli e un gruppo di nove giovani pakistani: «Persone che hanno portato tra le stanze del Centro un'allegra confusione, ma anche la paura di affrontare un mondo diverso da quello in cui sono nati» racconta Silvia operatrice Caritas. «L’impegno di noi operatori e volontari mira a superare le barriere linguistiche e culturali mettendo in campo tutta la nostra professionalità e competenza accompagnata dalla gioia disarmante della carità e della pace».  Una famiglia afghana che ha attraversato tanta sofferenza e che ora sta trovando un po’ di pace in un’integrazione che passa anche dai più piccoli: «Il primo giorno di scuola - continua Silvia - la piccola Manizha entrando in aula con il grembiule e lo zainetto in spalla, ha sorpreso tutti sussurrando in un italiano stentato “viva la pace!” e i suoi piccoli amici italiani hanno risposto con un applauso che ha commosso tutti: un suono diverso da quello prodotto da bombe e carri armati, un suono fragoroso che abbatte barriere e crea accoglienza!». Costruttori con coraggio e creatività per accogliere, ancora una volta, chi è povero, chi è solo e chi, come il bambinello nella culla di Betlemme, può sembrare privo di tutto ma che racchiude in sé quel germe di speranza che fa guardare a un futuro di pace.

Caritas diocesana di SASSARI

Il riscatto dell’arte

A cura della Caritas diocesana di Sassari

Certe volte non ci sono parole per spiegare cose che non sono spiegabili se non con l’amore e la fede. Così affidiamo le nostre emozioni all’arte che le traduce in un linguaggio fatto di bellezza, dove il dolore si fa inno alla vita. E la speranza, piena di colori, come un balsamo, va a lenire e consolare i cuori calpestati. Ritrovare la luce dentro di sé, e sentirsi nuovamente all’interno dell’abbraccio di Dio è possibile facendo l’esperienza dell’arte. Oggi noi ci avviciniamo ancora una volta ai nostri fratelli detenuti a Bancali portando loro in dono la bellezza, assieme all’assenza di giudizio, all’ascolto e all’accoglienza e con loro, abbiamo dipinto nuovamente le icone sacre.

Grazie alla Caritas diocesana quest’anno è ripreso “l’Atelier dei Gentiluomini di San Paolo” nella Casa circondariale di Bancali, che, come in passato, è divenuto uno spazio speciale dove i detenuti hanno potuto vivere l’esperienza artistica e coltivare la parte spirituale dentro di sé. Il Laboratorio di arteterapia ha permesso loro di sperimentare un percorso di crescita personale che va oltre l’apprendimento di tecniche artistiche e artigianali, ma che ha avuto come scopo finale quello di aiutare i partecipanti a superare le difficoltà, senza perdersi d’animo, trasformando l’esperienza negativa nella possibilità di un rinnovamento radicale della propria vita. Si riparte dal fondo, dalla caduta, e armati di terre colorate, di gesso, di oro e argento, costruendo le immagini del Cristo, della Vergine, e dei santi, ci si ricostruisce una immagine nuova di sé. Un’immagine che riflette la bellezza del Creato, che abbatte i muri e le differenze e che ci fa sentire parte di questo grande abbraccio nel quale siamo immersi. E in questo percorso importante per la vita di tante persone, che sono cadute, che si sono perse, e che spesso non hanno altro che la loro solitudine e la loro disperazione, la Caritas diocesana silenziosamente lavora per riempire il vuoto delle loro fragilità. La società civile teme il confronto con quelli che manifestano comportamenti deviati. Ed è del tutto umano, perdere la fiducia e respingere quelli che sbagliano, talvolta dimenticandoci che sono persone anche loro, e che non hanno fatto solo del male. Ed è del tutto umano sentirsi delusi, o spaventati e allontanare quei fratelli che vengono vissuti come nemici e che vengono unicamente identificati nella macchia rossa del peccato che hanno commesso. Noi, il popolo dei cristiani, diamo voce a coloro che, con le loro opere, raccontano la nostra fede nel mondo.

Caritas diocesana di TEMPIO-AMPURIAS

«Alla Caritas ho capito quali sono i veri problemi

della vita»

di Daniela Astara

«Ho scelto la Caritas perché sono cresciuto in una famiglia di volontari Caritas e quando mi hanno ritirato la patente mi è sembrata la decisione più naturale quella di prestare la mia attività di lavoro socialmente utile nella Cittadella di Olbia». È la storia di Giuseppe (nome di fantasia), un giovane di 25 anni di Olbia che ha trascorso alcuni mesi nella sede di via dello Zaffiro come volontario dopo essere stato sorpreso a guidare in stato di ebbrezza. La Caritas diocesana di Tempio-Ampurias dal 2015 ha, infatti, attivato il progetto “Messa alla prova”, un'opportunità offerta alle persone che devono scontare una pena in modo alternativo al carcere o in sostituzione a pene pecuniarie, facendo così coincidere le diverse funzioni della pena, quella restitutiva e quella riabilitativa ed educativa.

Un'attività che concilia il bisogno di giustizia con quello di misericordia ed evidenzia il ruolo educativo e pedagogico della Caritas. «Frequentare i volontari Caritas e vedere quello che fanno - racconta Giuseppe - mi ha colpito molto. Si tratta di uomini e donne che dedicano il loro tempo agli altri, ma ho potuto anche scoprire quante persone ci siano che fanno beneficenza nel silenzio e nell'anonimato. Come coloro che tutte le mattine portano gratuitamente il pane, altri che donano la spesa, altri ancora la loro professionalità. Tra le persone che ho incontrato c'è Leonardo, il responsabile dell’Emporio, un punto di riferimento non solo per i più bisognosi ma anche per i volontari stessi. Mi piace molto il duplice aspetto che ho notato della Caritas, quello di offrire un supporto materiale e uno morale a chi ha necessità».

 «L’esperienza che ho vissuto - prosegue - mi ha fatto molto riflettere. Toccare con mano e vedere con i propri occhi le difficoltà che alcuni sono costretti a vivere, consente di comprendere quali siano i reali problemi della vita e quindi a rivedere la propria esistenza. Ora che ho concluso il mio percorso, compatibilmente con gli impegni lavorativi, desidero continuare a prestare la mia opera in Caritas, aiutare gli altri fa bene principalmente a se stessi».

L'attività di “Messa alla prova” è diventata per la Caritas molto importante, dal 2015 al 2022 sono state seguite quasi un centinaio di persone con benefici sia per chi viene preso in carico - che trova un luogo accogliente e persone che si prendono cura di lui -, sia per la Caritas stessa: con la loro opera infatti, gli ospiti aiutano a portare avanti i servizi, e le loro storie di vita sono un arricchimento per i volontari.

Ales
Alghero

(Alghero-Bosa)
La casa parrocchiale di S. Caterina che ha ospitato
le famiglie ucraine

Cagliari
Nuoro
Ozieri
lanusei
Oristano
SASSARI
Iglesias

(Alghero-Bosa)
Una festa parrocchiale con le famiglie ucraine perfettamente inserite nel tessuto comunitario

Tempio

(Lanusei)

Le volontarie del Centro d’ascolto della Caritas

di Lanusei

(Lanusei)

Livia Loi impegnata nel Centro d’ascolto Caritas

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(Oristano)
Volontarie impegnate nel servizio distribuzione
della Caritas

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(Ales-Terralba)
Carcere, il passato grigio di Giovanni

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(Ales-Terralba)
Nuova vita, in mezzo alla natura e agli animali, la gioia di Giovanni

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(Cagliari)
Saliha, suo marito e il piccolo Lemar

(Cagliari)
Saliha impegnata nel Laboratorio “Inner Ca”

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(Tempio-Ampurias)
Un volontario all’Emporio di Olbia

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(Tempio-Ampurias)
Viveri per i bisognosi nell’Emporio

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(Sassari)
La Mostra allestita lo scorso settembre

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(Sassari)
Uno dei lavori realizzati nell’ambito del Laboratorio

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(Ozieri)
La creatività nel confezionare con amore
un pacco di alimenti

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(Ozieri)
Il coraggio di abbattere le barriere
attraverso lo studio e l’integrazione

(Nuoro)

L’ingresso di Antonio nel Centro di ascolto

della Caritas diocesana

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(Nuoro)

Antonio aiuta a sistemare la sede della Caritas

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(Oristano)
Il servizio magazzino della Caritas diocesana

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(Iglesias)

Oltre il “recinto” del pregiudizio.

(Clem Onojeghuo)

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(Iglesias)

A piedi nudi verso un futuro da riconciliato.

(Tim Marshall)

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