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IMPEGNOCARITAS

NEWSLETTER DELLE CARITAS DIOCESANE DELLA SARDEGNA

N. 7, 16 dicembre 2023

“PACE IN TERRA AGLI UOMINI AMATI DAL SIGNORE“

Caritas diocesana di ALES-TERRALBA

Ritrovare la capacità di sentirsi amati da Dio

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di Stefania Pusceddu

Sonia (nome di fantasia) ha affrontato dure prove con la sua famiglia, temendo di non farcela nei momenti più difficili. Ha convissuto con le preoccupazioni di una vita di ristrettezze economiche in una piccola casa in campagna, per niente accogliente, umida e con spazi insufficienti. A questo si aggiungono i pregiudizi per la popolazione Rom, che non le hanno risparmiato diffidenza ed emarginazione. Ha sempre cercato però di sorridere, nonostante tutto: le danno forza i suoi quattro bambini, il più grande di appena dieci anni. Certo, è difficile quando i soldi in casa non bastano. Il marito Ivan vende gli ortaggi che produce, ma non si riesce ad arrivare a fine mese. Grazie al conforto di un sorriso e di un pacco viveri donato da una delle Caritas parrocchiali della Diocesi di Ales - Terralba, si cerca di andare avanti. «Mando i miei figli a scuola con la speranza che il loro destino sia migliore del nostro - spiega Sonia -. Se studiano possono avere più opportunità».
Ogni giorno fanno rinunce: si può acquistare solo lo stretto necessario, ma non si possono affrontare gli imprevisti. In questa casetta arredata con pochi mobili, in cui già mancava tutto, non c’è più nemmeno la corrente elettrica, a causa di un guasto al generatore. Una prova troppo dura per la famiglia di Sonia, che si fa prendere dallo sconforto. Si cena con le candele, si cucina solo ciò che si riesce ad avere in giornata, perché il vecchio frigorifero resta spento. Hanno paura del caldo e poi del freddo. Piena di tormenti e paure, Sonia chiede aiuto alla Caritas diocesana.
«Ero a pezzi quando mi hanno accolta nello sportello orientamento. Ho raccontato la mia storia cercando di trattenere le lacrime. Non sapevo nemmeno come farmi aiutare. Ma sono stati più bravi di me a capire le mie priorità. Mi mancava un generatore nuovo ma anche una vera casa e la dignità. La Caritas mi ha preso per mano risolvendo il problema del generatore, ma anche sostenendomi sull’emergenza abitativa. Da tempo ero in graduatoria per una casa popolare, ma ormai mi ero arresa. Ho ripreso in mano la pratica e di recente sono stata finalmente contattata per l’assegnazione». La sua vita è cambiata: «La fede e la Caritas mi hanno aiutata a sentirmi amata e non dimenticata e così sono riuscita a ritrovare la fiducia nel domani. Ho potuto parlare, mi sono sfogata, mi hanno ascoltata e capita, mai giudicata. Mi hanno dedicato tempo e amore. Si sono presi a cuore i miei problemi, cercando di alleggerire il carico sulle mie spalle. Solo pochi mesi fa ero disperata, oggi sono felice».

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Caritas diocesana di ALGHERO-BOSA

Rifugiati nella pace: la storia di Rostik e della sua famiglia ad Alghero

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di Gabriele Tilloca

Non è semplice parlare di pace in un periodo in cui sembra che tutti ci siamo abituati ai conflitti. Dai più noti, come la guerra in Ucraina, l’attacco di Hamas in Israele e la successiva operazione dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza, l’azione militare dell’Azerbaijan in Nagorno Karabakh, o i numerosi colpi di stato verificatisi in Africa centro-occidentale. Tuttavia, è proprio in questo contesto che il messaggio di pace risulta ancora più importante, sia nelle preghiere che nei gesti concreti.
La vita di Rostik e della sua famiglia è cambiata radicalmente dall’inizio della guerra in Ucraina. La loro casa non è stata distrutta dai bombardamenti, ma vivendo in una cittadina vicino a Leopoli, il rischio sarebbe troppo alto per tornarci. Rostik, 42 anni, è sposato con Vira e ha due figli. La figlia maggiore è tornata in Ucraina dal suo compagno, mentre il figlio più piccolo, di 13 anni, vive ad Alghero con loro.
«Siamo ad Alghero da quando è cominciata la guerra, quasi due anni fa. Mia mamma già lavorava qui. Io ero già stato in Italia 20 anni fa e avevo anche imparato un po’ la lingua» racconta Rostik. La fuga così repentina li ha costretti a lasciare tutti i beni non essenziali: «Ci siamo rivolti alla Caritas da subito, sin dal primo giorno. Siamo arrivati quasi senza niente e loro ci hanno aiutato a comprare i vestiti, ci hanno trovato la casa in cui stiamo, la scuola e lo sport per mio figlio. Mi hanno aiutato anche per la mia protesi». Rostik ha una protesi alla gamba sinistra, per cui erano necessari dei controlli immediati. La Caritas diocesana si è occupata di cercare una società che facesse questo tipo di intervento, accompagnandolo a Sassari più volte per tutte le visite necessarie e sostenendo anche le spese dell’intervento. Costruire una nuova vita lontano dal posto che chiamavano casa, nonostante le difficoltà, è possibile? Rostik e la sua famiglia, dopo quasi due anni dall’inizio della guerra, possono dire di vivere in pace? «Sì. Mi sembra che la guerra non finirà presto, ma qui stiamo bene. Grazie a Franco (il direttore della Caritas diocesana di Alghero-Bosa), Tullio e Giovanna (due stretti collaboratori della Caritas), qui ci sentiamo come a casa. Ci hanno aiutato in tutto. Mia moglie ha fatto la stagione qui ad Alghero e al momento è ferma. Per me è più difficile trovare lavoro, ma se lo trovassi, rimarrei qua. Anche mio figlio sta molto bene, sia a scuola che in palestra. Siamo sereni, in pace, vorremmo rimanere qua».

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Caritas diocesana di CAGLIARI

Ricominciare grazie all’amore di Dio

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di Maria Chiara Cugusi

Un passato difficile e un futuro tutto da ricostruire, in cui grazie alla Caritas sta riacquistando la fede e la speranza. Liberato (nome di fantasia), 51 anni, ogni pomeriggio lo passa nella parrocchia di Sant’Eulalia, a Cagliari: lì sistema le piante, fa qualche lavoro di manutenzione, oltre ad animare le messe con i canti e la lettura delle preghiere. «Qui sto bene, mi sento a casa. Non penso a ciò che non ho fatto, alle relazioni perse. Sto facendo cose utili, belle. Oggi mi accorgo di essere stato salvato da Dio tante volte. Mi sento amato da lui e anche gli altri mi vogliono bene».
Tanti gli errori che hanno segnato la sua vita, tra dipendenze, sofferenze personali e problemi con la giustizia, nonostante una famiglia alle spalle che, nel corso del tempo, ha cercato di non fargli mancare nulla. Fin da bambino ha un temperamento non facile, introverso, riflessivo e al tempo stesso desideroso di apprendere, sempre alla ricerca di cose nuove. Dopo aver interrotto la scuola, inizia a fare un uso sbagliato del suo tempo libero, spesso circondato da cattivi esempi.
Le prime esperienze con le sostanze arrivano da adolescente, poi la dipendenza e le droghe pesanti. I periodi di risalita - in cui i genitori lo riaccolgono a casa e grazie al padre inizia a lavorare - si alternano alle ricadute. Così per tanti anni, fino al 2012 quando la famiglia lo manda via definitivamente. Dopo notti trascorse in strada, conosce un ospite della mensa Caritas che gli parla di questa realtà: così anche lui decide di chiedere aiuto. Finalmente ha un tetto e pasti caldi, accolto nei centri di accoglienza. «Grazie alla Caritas ho trovato una nuova casa, una nuova famiglia. Ho conosciuto persone pronte ad ascoltarmi, a darmi attenzione. Sono grato perché mi sento apprezzato, coinvolto».
Qualche anno fa, l’ennesimo problema giudiziario, ma anziché il carcere c’è la possibilità di scontare la pena fuori dalle mura detentive. Così inizia una frequentazione più assidua della parrocchia di Sant’Eulalia. «Don Marco (Lai, parroco e direttore Caritas, ndr) ha una grande personalità, riesce a capire chi ha vicino: mi sento compreso nelle mie necessità, materiali e spirituali. Qui ho trovato una serenità interiore, mi sento utile alla comunità. Qui prego, ogni volta che sento la messa sembra fatta apposta per me. Come dice Gesù nel Vangelo di Matteo “Il mio giogo è dolce, il mio peso è leggero”.  Per me è un piacere servire la Chiesa, per i suoi insegnamenti, per la bontà delle persone. Sono sempre entrato nelle Chiese, lì mi sono sempre sentito a casa, ma mi ero allontanato dalla fede. Oggi l’ho ritrovata. Sentirmi amato da Dio è l’unico barlume di luce».

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Caritas diocesana di IGLESIAS

Appoggerò sempre chi fa del bene in nome di Cristo

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di Emanuela Frau

«Era il periodo del Covid, quando mi sono ritrovata in una situazione di difficoltà: a casa di mia nonna, senza un’entrata, senza poter badare alle spese primarie. Dal Centro di ascolto della parrocchia del “Cuore Immacolato” sono stata indirizzata alla Caritas». Inizia così il racconto di Elisa che, di fronte ad un’operatrice della Caritas di Iglesias, ripercorre le tappe di un particolare periodo della sua vita. Aveva ricevuto un aiuto per le esigenze alimentari e per far fronte al pagamento delle bollette. Esprime la sua gratitudine non solo per ciò che ha ottenuto, ma per il modo in cui è stata accolta. «Quello che per me è importante è il non aver ricevuto mai un giudizio. Sono stata accolta con attenzione, ho sempre avuto la giusta comprensione, l’umanità». Dimostra di sentirsi a suo agio quando affida all’operatrice alcune confidenze personali riguardanti il suo rapporto con Dio, la sua infanzia e la riflessione che ne è scaturita. «Ho frequentato l’asilo dalle suore. Quando sono cresciuta ho cominciato a maturare qualche dubbio e ora non posso dire di essere una credente al 100%. Però sono convinta che chiunque abbia fatto del bene in nome di Cristo, io lo appoggerò sempre». Il suo pensiero va a tutti coloro che vivono in difficoltà, si sentono inferiori, si vergognano di rivolgersi allo sportello Caritas e si precludono la possibilità di avere esperienze positive. Ritiene che bisogna dare fiducia a chi fa un servizio del genere. Ammette che fare il primo passo non sia stato facile; provava imbarazzo. «Ti vergogni del fatto che a quarant’anni non hai un lavoro né una famiglia che ti possa dare l’aiuto di cui hai bisogno. Ma soprattutto – prosegue – ti vergogni perché a quell’età nonostante abbia studiato, abbia esperienza, ti ritrovi a non avere nulla». Racconta che c’è voluto tempo per arrivare ad essere tranquilla e serena, per dare fiducia agli operatori che lavorano nella famiglia Caritas; si è ritrovata con persone che non si sentono al di sopra degli altri. Data la sua esperienza come assistente agli anziani, i volontari le hanno proposto di frequentare il Corso OSS e lei ha chiesto un sostegno. «La mia richiesta è stata accolta; potermi rimettere a studiare è stata una delle cose più belle; non ho potuto laurearmi e ricevere quest’aiuto per me è stato fondamentale». Nel salutare, conclude ritenendosi soddisfatta della fiducia ricevuta da parte degli operatori che hanno creduto nelle sue potenzialità.

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Caritas diocesana di LANUSEI

L'Amore che rinnova

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di Augusta Cabras

Suor Paula, suor Silvia e suor Veronica sono cuore e braccia della Caritas diocesana di Lanusei. Sono arrivate circa sei anni fa e da allora la loro azione è specchio del loro carisma, impegnate quotidianamente per sanare le ferite dell’umanità povera e sofferente, chiamate a testimoniare l’amore di Dio con compassione, gentilezza, gioia e misericordia, sui passi di Francesco e Chiara d’Assisi. Nel servizio incontrano donne e uomini, spesso soli, sofferenti, con pochi mezzi e nessuna speranza. Ricambiano con amore e gioia, alimentando quella piccola fiamma che risiede anche nei cuori più afflitti. Suor Paula racconta dell’esperienza con i detenuti del carcere di Lanusei, del tempo dell’ascolto, del silenzio, del peso delle parole racchiuse nelle storie di chi, nel dolore per l’errore e per la libertà perduta, si aggrappa alla possibilità del perdono e della misericordia. «Il carcere ha accolto con gioia la presenza della Caritas così una volta alla settimana per un paio d’ore, anche noi incontriamo i detenuti. Il tempo che abbiamo a disposizione è prezioso e loro sono felici di questa opportunità». Sono giovani e adulti con condanne pesanti, crimini marchiati sulla pelle, pene da scontare che paiono infinite, desideri di libertà che fanno da contrappunto alla zavorra del peccato, nella solitudine di una cella che mette i brividi. Nei loro occhi, in una giostra continua, la disperazione e la speranza, la stanchezza e lo slancio.  Tra questi c’è Guido (nome di fantasia). In questi anni ha percorso un tratto di strada con i volontari della Caritas, ha attraversato il deserto della solitudine, nell’incapacità di prendere consapevolezza di sé e del male compiuto. Ha lottato per fare chiarezza, aiutato nel discernimento dal compianto cappellano del carcere (Don Minucio Stochino, venuto a mancare nel settembre 2023, ndr); ha messo in dubbio le sue certezze, ha abbassato le difese, ha sgretolato la corazza con cui aveva provato a proteggere il suo cuore e si è lasciato amare, prima da Dio e poi dai suoi fratelli. «Guido - dice suor Paula - testimonia con gioia questa trasformazione. Qualche settimana fa è uscito con un permesso e ha raggiunto la famiglia. Inizialmente aveva paura di incontrare le persone. Quando è tornato ci ha raccontato di quanto lo abbiano accolto bene: la famiglia, i vicini, i parenti. Era stupito per l’affetto che gli hanno dimostrato. Si chiedeva: cosa ho fatto per meritare questo amore? Cosa ho fatto per avere la misericordia di Dio? Io sono un peccatore e nonostante questo Dio non mi ha abbandonato».

 

Caritas diocesana di NUORO

“Il perdono la chiave dell’amore”

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a cura della Caritas diocesana di Nuoro

La famiglia di Claudia (nome di fantasia), insegnante, è sempre stata felice. Marco (nome di fantasia), il figlio, un bambino dolce, affettuoso e studioso. Da grande avrebbe voluto fare il “politico” o l’ingegnere. Un ragazzo pieno di vita. Tutto bene, fino al secondo anno del liceo scientifico. Quell’anno conosce una “amica” particolare: la droga. Il cambiamento è repentino. Il giovane non segue più le regole e il rapporto con la madre s’incrina. «Marco ha cominciato a perdersi, a frequentare cattive compagnie – racconta Claudia – a smerciare qualche dose, proprio davanti alla sua scuola». Il giovane viene arrestato e finisce in comunità. Nei colloqui con la psicologa si scopre che Marco si rifugia nella droga perché la madre ha avuto sempre troppe aspettative nei suoi confronti, soprattutto in campo scolastico. Il loro rapporto non è idilliaco e spesso le discussioni sono il contrapporsi di due modi di concepire la vita. Le cose precipitano e, dopo un po’, il ragazzo si trova fuori casa. I genitori, a malincuore, decidono che la convivenza non è più possibile. «Tante volte - confessa la donna – ho messo in discussione il mio ruolo di insegnante: cosa vado a fare a scuola se la croce ce l’ho in casa? ». Dopo un primo periodo di vergogna Claudia decide di affrontare la dura realtà. Come ha fatto anni prima con una brutta malattia. È in questa fase che Marco privo di danaro, dormendo in una carcassa di automobile, senza cibo e in compagnia dell’anfetamina si rivolge alla Caritas. Riprende i fili della sua esistenza: trova lavoro come cameriere e, grazie all’organismo diocesano, torna a casa sua. Il padre e la madre decidono di perdonare il figlio dandogli una chance e, nonostante il ragazzo non abbia preso le distanze dalla droga, gli aprono le porte. Il percorso di riappacificazione intrapreso è difficile ma il fatto che Marco ogni sera rientri a dormire nella sua camera apre scenari di speranza: per i genitori che hanno ritrovato il loro figliolo, ma soprattutto per lui che ora deve avere la capacità di intravedere la luce in fondo al tunnel. Il racconto termina con un’immagine: le chiavi di casa. «Gli apriamo ancora la porta noi – dice Claudia – Marco deve riconquistare la nostra fiducia». Le sue parole sono colme di fede e di speranza. Quelle di una mamma che ha sofferto profondamente, ma che oggi ha perdonato. Una famiglia che sta trovando nella pace la strada per recuperare l’amore. Quelle chiavi, ne siamo certi, serviranno per aprire non solo la porta di casa ma soprattutto i loro cuori.

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Caritas diocesana di ORISTANO

Sulla via della riconciliazione: la storia di Serena

e Raffaella

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A cura della Caritas diocesana di Oristano

Serena (nome di fantasia) è una giovane donna di 26 anni che qualche anno fa è arrivata alla Caritas diocesana di Oristano attraverso l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna, per svolgere diverse ore di volontariato in seguito alla condanna per l’aggressione nei confronti della madre, Raffaella (nome di fantasia) rimasta poi invalida in seguito ai fatti.
Terza di tre figli, ha vissuto fin dall’infanzia una situazione familiare complessa a causa della separazione conflittuale dei genitori, ed è finita a fare uso di droghe.
«Non avevo regole, casa nostra era diventata per me un albergo dove fare ciò che mi pareva. Se mia madre provava a farmi ragionare andavo in escandescenze e diventavo violenta - racconta Serena-. Mamma, che ha una fede molto forte, ha sopportato in silenzio e perdonato: per lei ero comunque sua figlia e se ero così era per colpa della droga. Io invece ero arrabbiata con lei perché pensavo fosse tutta colpa sua! Un giorno stavo uscendo di casa e le ho chiesto dei soldi; li volevo a tutti i costi ma lei non ne aveva. Sono andata fuori di testa e ho distrutto tutto quello che avevo davanti, poi sono uscita di casa come una furia, salendo in macchina per andarmene via. Mia madre, preoccupata per me, si è messa davanti e io non so cosa mi sia passato per la testa, so solo che ad un certo punto ho premuto l’acceleratore e l’ho messa sotto».
Da quel momento la vita di Serena è stata completamente stravolta. Aveva appena 19 anni e stava vivendo una situazione più grande di lei. All’inizio ha continuato a vedere in Raffaella l’unica colpevole di tutto ma, quando ha preso coscienza che il suo gesto aveva causato gravi conseguenze per la madre è stata assalita da gravissimi sensi di colpa. Proprio questo l’ha portata a chiedere di poter scontare la sua pena nella Caritas, realtà conosciuta grazie ad un progetto di sensibilizzazione nelle scuole. «L’idea di aiutare gli altri mi faceva stare meglio e alleggeriva quel peso che mi portavo dentro. Mi sono aperta con alcuni volontari che, nel tempo, mi hanno sostenuto e aiutato a capire che da sola non ce l’avrei mai fatta a perdonarmi e a perdonare».
Grazie al percorso di disintossicazione, al supporto psicologico e di mediazione familiare, Serena è riuscita ad avviare un dialogo con la madre e oggi, grazie anche alla tenacia e alla fede incrollabile di Raffaella, stanno cercando di ricostruire i legami familiari, ripartendo dal perdono.

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Caritas diocesana di OZIERI

Valutare attentamente i passi da compiere per arrivare al cuore arrabbiato di un ragazzo

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di Stefania Sanna

La storia di rinascita di Andrea (nome di fantasia) parte da molto lontano, sin dall’infanzia, perché nato in una famiglia con una grave situazione di disagio. «Ho sempre vissuto la povertà - racconta Andrea che oggi è adulto e può parlare della sua storia - è una parola che posso dire di aver vissuto pienamente comprendendo giorno dopo giorno che quello che mi differenziava dagli amici non era solo ciò che mancava, ma il profondo senso di disagio e di isolamento che si è trasformato da dolore in rabbia». Con molta semplicità Andrea racconta la sofferenza di quegli anni che l’ha portato a litigare con chi lo circondava, isolandosi sempre di più. Per sfuggire alla povertà ha “inseguito” tante persone spesso percorrendo strade non buone, conoscendo il mondo della droga e della microcriminalità, ma soprattutto una profonda solitudine. Ha vagato un po’ per il mondo e alla fine, solo e sfiduciato, si è trovato davanti al portone di una chiesa. È stato accolto prima da un sacerdote e poi da una comunità che ha compreso e vissuto con lui la fatica della riconciliazione, prima di tutto con il suo vissuto, e poi con le persone che lo circondavano. Quello di Andrea è stato un percorso lungo e doloroso in cui gli operatori della Caritas diocesana di Ozieri sono entrati in punta di piedi valutando attentamente i passi da compiere per arrivare al cuore arrabbiato di un ragazzo, che in fondo aveva una gran voglia di vivere una vita serena. «Ho capito solo con il passare del tempo quanto la Caritas mi abbia aiutato. Oggi vedo come le attenzioni ricevute siano state per me quella carezza che scalda il cuore. Volevo lavorare ma mi infastidiva incontrare le persone perché mi vergognavo di ciò che avevo combinato in passato, così gli operatori Caritas hanno trovato per me un’occupazione in un cantiere in periferia in cui piano piano, oltre ai muri di mattoni e cemento, ho ricostruito la mia vita. Con l’aiuto del Centro di ascolto ho capito la vita faticosa della mia famiglia, il perché della nostra povertà ma soprattutto della rabbia cresciuta in me ed ho potuto intraprendere un cammino di riconciliazione e di rinascita ritrovando nella mia vita affetti che credevo di aver perduto per sempre. Ho soprattutto ritrovato l’amore per una vita che credevo non valesse niente e che invece è preziosa». Poche righe non bastano a raccontare quanto di profondo c’è nel suo vissuto e quanto è stato doloroso risanare alcune ferite. La Caritas diocesana aiutando Andrea è stata un po’ come la stella cometa in una notte buia di tanti anni: una guida sicura verso la Vita!

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Caritas diocesana di SASSARI

“L’amore per lo studio che dà speranza all’uomo”

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di Lidia Lai

Bereket è arrivato a Sassari nel 2020 nell’ambito della II edizione del Progetto “Unicore” (Corridoi universitari per rifugiati) per seguire il Corso di Laurea magistrale in Urbanistica nell’Università della città. L’amore e la passione per lo studio sono sempre stati componenti fondamentali della sua vita. Oggi trentacinquenne, dopo aver conseguito la Laurea in Scienze del Turismo in Eritrea, è costretto a lasciare il suo Paese e a rifugiarsi in Etiopia. Qui viene accolto per nove anni in un campo profughi dove, nonostante le difficoltà, continua a studiare desideroso di realizzare i suoi sogni a livello lavorativo. «La vita nel campo era difficile ma nonostante tutto era meglio di quello che avremmo dovuto sopportare nel nostro Paese: almeno non correvamo alcun rischio e avevamo la possibilità di vivere in pace» racconta.
Dopo tre anni dal suo arrivo nel campo- durante i quali è stato impegnato come volontario nell’insegnamento della lingua inglese per gli altri migranti accolti- riesce a ottenere una borsa di studio che gli consente di frequentare un corso di Laurea in Economia. Negli stessi anni fonda un’associazione costituita da un gruppo di studenti rifugiati eritrei impegnati nell’insegnamento dell’inglese a minori non accompagnati accolti nel Paese. Nel frattempo si sposa e ha tre figli. Dopo la Laurea decide di rimanere in Etiopia dove però non ha la possibilità di realizzarsi a livello lavorativo e di mantenere la propria famiglia.
La svolta nella sua vita arriva quando, grazie all’associazione di cui fa parte, viene scelto per il progetto “Unicore”, e si trasferisce a Sassari: qui viene accolto dalla Caritas diocesana e dalla “Fondazione Accademia Casa di popoli, culture e religioni”, entrambi partner del progetto. In questi anni oltre a portare avanti gli studi nell’ambito del Corso di Laurea Magistrale in Urbanistica-  in cui è prossimo alla Laurea -, è stato volontario presso il Centro di ascolto per stranieri, il dormitorio maschile e la Mensa Caritas. Oggi vive insieme ad altri studenti in un appartamento messo a disposizione dalla stessa Caritas ed è mediatore interculturale presso il Centro di accoglienza per stranieri “San Francesco-Cappuccini”: «Sono molto grato alla Caritas e ai volontari che mi hanno accolto ed è per questo che ho scelto di fare qualcosa per gli altri, non solo come dipendente ma prima di tutto come volontario». Nel suo futuro si aspetta di poter riabbracciare la sua famiglia e di costruire con essa una vita che ricompensi i sacrifici fatti finora.

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Caritas diocesana di TEMPIO-AMPURIAS

La storia di Filippo: dallo sconforto alla speranza attraverso l'amicizia e la solidarietà

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di Daniela Astara

Filippo (nome di fantasia), adesso ha 64 anni e ogni giorno si reca nella Caritas diocesana di Tempio-Ampurias per dare una mano e restituire l’aiuto ricevuto da quando, qualche anno fa, ne aveva avuto bisogno. Aveva perso il lavoro ed era davvero difficile per lui portare il cibo a casa dove l’attendevano una moglie e tre figli, e pagare le bollette. Nella Caritas in viale don Sturzo a Tempio Pausania ha trovato un luogo in cui la parola del Vangelo secondo Luca: “Pace in terra agli uomini amati dal Signore” si è fatta azione concreta. Filippo ha trovato accoglienza e solidarietà che gli hanno permesso di trasformare il dolore e la difficoltà in un cammino di speranza, ritrovando quella pace che il suo cuore aveva perduto.
I volontari della Caritas gli hanno fornito sostegno finanziario, aiutandolo a far fronte alle bollette e garantendo alimenti per la sua famiglia.
Il racconto si sviluppa poi con una sfida ancora più grande, quella che Filippo ha dovuto vivere e che ha messo ulteriormente a dura prova la sua fede e la sua forza di volontà. Tre anni fa Filippo si è ammalato di tumore. In quel momento difficile, la Caritas ha dimostrato ancora una volta il suo impegno, accompagnandolo lungo il percorso della chemioterapia. I medici che prestano servizio nell’Ambulatorio Caritas  si sono presi cura di lui, aiutandolo nei controlli e nei momenti difficili.
Oggi, grazie alle cure ricevute e al supporto dei volontari Filippo sta bene, lentamente ha ritrovato la salute, il sorriso e la speranza. Con un cuore grato, ogni giorno si reca alla Caritas per offrire il suo contributo. Specializzato in muratura e giardinaggio, Filippo dedica il suo tempo ad aiutare coloro che, come lui un tempo, si trovano in difficoltà. Il ciclo della solidarietà si chiude così con un anello virtuoso di aiuto reciproco, dimostrando che l'amore e la compassione sono forze contagiose in grado di trasformare le vite. L'incontro tra Filippo e la Caritas, nato dalle sfide della perdita del lavoro e della malattia, è un racconto di speranza e di rinascita. La Caritas di Tempio - Ampurias si è rivelata un faro di luce nella vita di Filippo contrassegnata da oscurità, trasformando la parola evangelica in azione concreta. I volontari hanno dimostrato che, attraverso la solidarietà, è possibile superare le avversità e costruire un futuro basato sull’amore reciproco e l’aiuto concreto.

Ales
Cagliari
Alghero
Iglesias
lanusei
Nuoro
Oristano
Ozieri
SASSARI
Ales 2.png

(Ales-Terralba)
Lo Sportello orientamento della Caritas di Ales-Terralba

Ales 1.png

(Ales-Terralba)
Il Centro d’ascolto diocesano

Tempio - Ampurias
alghero 2.jpg

(Alghero)
Il salotto della loro casa ad Alghero, il luogo di ritrovo
della famiglia nei momenti di convivialità

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(Cagliari)
L’interno della Chiesa Sant’Eulalia a Cagliari

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(Iglesias)
Mani che si stringono

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(Iglesias)
Elisa

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(Lanusei)
Suor Veronica e suor Paola con don Alessandro Loi,
un cappellano del carcere di Lanusei, ora in pensione

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(Nuoro)
Il tunnel della droga

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(Nuoro)
Un abbraccio

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(Oristano)
Momento di riavvicinamento tra Serena e Raffaella

Foto accoglienza_Caritas Oristano.jpg

(Oristano)
Sala di accoglienza della Caritas di Oristano

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(Ozieri)
Andrea nel Centro d’ascolto diocesano

ozieri 2.png

(Ozieri)
«Oltre ai muri di mattoni e cemento,
ho ricostruito la mia vita!»

SASSARI1.png

(Sassari)
Bereket impegnato nell’insegnamento della lingua
italiana ai migranti accolti nel Centro di accoglienza
“San Francesco-Cappuccini”

SASSARI2.png

(Sassari)
Bereket sistema i viveri nello stesso Centro

tempio 1.png

(Tempio-Ampurias)
Volontario al lavoro nella sede della Caritas

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(Tempio-Ampurias)
La piantumazione dell’orto

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(Alghero)
Rostik con sua moglie Vira e il loro cane Bubli

Cagliari 1.png

(Cagliari)
Liberato impegnato nella cura delle piante
nella parrocchia Sant’Eulalia

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(Lanusei)
Le suore impegnate nel servizio della Caritas

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