IMPEGNOCARITAS
NEWSLETTER DELLE CARITAS DIOCESANE DELLA SARDEGNA
N. 9, 11 dicembre 2024
“Custodire gli altri e l’Altro per farsi custodire”
Caritas diocesana di ALES-TERRALBA
Dal dolore nasce l’amore più forte
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di Stefania Pusceddu
«Non ricordo un abbraccio ricevuto da mia madre. Credo non mi abbia mai abbracciata. La mia infanzia non è stata spensierata come quella che ogni bambina meriterebbe, ma terribile - racconta Giuliana, 40 anni, che vive nel Medio Campidano -. Venivo picchiata continuamente. Mio padre non si accorgeva di nulla perché è solo appena restavamo sole che mia madre si scagliava su di me come una furia. Ho imparato le parole terribili che mi rivolgeva molto prima delle lettere dell’alfabeto. Non ho mai capito perché provasse tanto odio; mi diceva cose terribili mentre mi picchiava. Ero solo una bambina che crescendo, a 6 anni, faceva di tutto per non farla arrabbiare, ma era inutile: mi riempiva di botte. Quante volte mi sono chiesta che cosa potevo aver fatto di male, ero solo una bambina. Sono cresciuta piena di lividi esteriori e ferite nell’anima, sotto stretta osservazione dei Servizi sociali, con un vuoto affettivo enorme. È stato difficile perdere la mia infanzia e convivere con la violenza. Desideravo diventare una persona migliore, non volevo diventare anche io come mia madre e allora ho trasformato il dolore in amore. Inizialmente, l’ho riversato su quello che credevo sarebbe stato il compagno per la vita. Abbiamo avuto una figlia, ma il nostro rapporto, nel tempo, ha cominciato a non andare bene. Lui mi tradiva e mi picchiava per qualsiasi motivo. Ci siamo lasciati e un’altra pagina di vita dolorosa si è chiusa. Ma non ho smesso di sperare. Con questo grande peso nel cuore, ho chiesto sostegno alla Caritas diocesana che mi è stata vicina in tanti modi, prendendosi cura di me, con una parola, pagando una bolletta, dandomi fiducia - continua Giuliana -. Ha creduto in un mio progetto di vita e mi ha aiutata a sostenere i costi del corso regionale che volevo tanto frequentare. Con grandi sacrifici ho portato a termine il corso e ho ottenuto la qualifica di Oss. Ho trovato lavoro, non stabile, ma comunque è l’inizio. Spesso a fine turno mi rifugiavo in cappella per pregare. Mi sono aggrappata al lavoro e mi sono fatta forza con la fede. Ci sono tanti momenti in cui prego, soprattutto la notte, lo faccio da quando ero bambina. Ho sempre pregato e questo mi ha dato la forza di cercare una vita diversa. Alla fine ci sono riuscita: ora al mio fianco ho una persona che mi vuole bene e ne vuole tanto a mia figlia. Ho sofferto tanto ma ho anche incontrato brave persone. Il mio più grande desiderio ora è la serenità, mi basta che tutto resti com’è ora. Non ho niente... ma ho tutto».
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Caritas diocesana di ALGHERO-BOSA
La storia di Marisa: una vita dedicata al volontariato
e all’amore reciproco
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di Roberto Fiori
Marisa ha scelto di mettersi al servizio degli altri, di “custodire” chi è più fragile, chi è in difficoltà, chi si sente invisibile nella società. Veterinaria, moglie e madre, ha trovato nella sua vita una vocazione che va oltre la professione: quella del volontariato.“Custodire l’altro” significa “incontrare l’Altro”, con la "A" maiuscola, quel Gesù che si fa prossimo nei volti di chi soffre. Da più di un anno, è responsabile dell’accoglienza nella mensa della Caritas, un impegno che ha dato un nuovo significato alla sua vita.
«Da sempre nella mia famiglia ho fatto esperienza di fede, di attenzione verso l’altro, di preghiera» racconta. La malattia ha spesso bussato alla sua porta e a quella dei suoi familiari: prima Marisa, poi sua madre e infine suo padre, scomparso tre anni fa. Eppure, lei e i suoi cari hanno trovato nella preghiera il rifugio che permette di scorgere «il sole dopo il temporale».
Da giovanissima, ha fatto parte dell’Azione cattolica, un cammino che le ha fatto scoprire la bellezza di alimentare la fede attraverso il ruolo di educatrice. Crescendo, però, sentiva che quel ruolo non le bastava più. «Avevo bisogno di incontrare Gesù concretamente nell’altro, anche solo per donare un sorriso». È stata questa esigenza a portarla, nel febbraio del 2022, alla mensa della Caritas.
La sua scelta è guidata da un passo del Vangelo di Matteo, che da sempre l’ha ispirata: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo dei miei fratelli più piccoli, lo avrete fatto a me». Un messaggio chiaro e potente, che la spinge a vedere ogni persona che incontra come un fratello, un altro “da custodire”.
La sua testimonianza non riguarda solo il gesto di dare, ma anche quello di ricevere. Marisa racconta come, attraverso il suo servizio, sia riuscita a cogliere la bellezza di un sorriso spontaneo, il calore di un “grazie” sincero. Ogni volta che dona qualcosa, in realtà riceve molto di più: «Basta poco, ma hai dato tanto e loro ti donano ancora di più con il loro grazie incondizionato».
Custodire gli altri, dunque, è anche un modo per farsi custodire. Il servizio alla Caritas non è solo un atto di altruismo, ma un vero e proprio cammino in cui ogni passo verso l’altro diventa un passo verso la propria umanità. Marisa custodisce e si lascia custodire. Il suo impegno è una testimonianza di come la vita trovi pienezza nell’amore donato e ricevuto, gesti di vero incontro con il Signore. «Non sono io che aiuto gli altri- conclude -, sono loro che ogni giorno mi aiutano a vedere il volto di Dio».
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Caritas diocesana di CAGLIARI
La bellezza del vedersi riconosciuti
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di Maria Chiara Cugusi
Silvano è uno dei “Custodi del Bello” di Cagliari. Dallo scorso ottobre si prende cura dei luoghi pubblici del quartiere Marina: sistemazione e pulizia delle piazze, delle strade, delle aiuole. «Da subito mi piaceva l’idea di occuparmi di questo quartiere, che trovavo trascurato - racconta -: renderlo più bello, curare gli spazi intorno alle Chiese, il verde pubblico. Poi mi sono informato meglio: mi ha colpito che questo progetto sia diffuso in diverse città italiane, e che offra l’opportunità di formazione e lavoro alle persone che hanno difficoltà, che hanno commesso degli errori ma che hanno voglia di lavorare, riprendere in mano la loro vita, guardare al futuro».
Un’opportunità di cui è grato, datagli dalla Chiesa di Cagliari che, grazie al partenariato locale costituito da Caritas San Saturnino Fondazione Onlus - di cui il Comune di Cagliari è attivo collaboratore -, ha avviato lo scorso 15 ottobre la squadra pilota composta da quattro persone in situazioni di fragilità, destinatarie di tirocini di inclusione sociale promossi dall’Agenzia Sarda per le Politiche Attive del Lavoro e con la disponibilità dell’azienda Sgaravatti. Alla base del progetto - che è attivo in 12 città italiane, e vede tra i promotori il Consorzio Communitas e, nelle regioni del Sud Italia, il sostegno di Caritas Italiana (attraverso fondi 8xmille messi a disposizione dalla CEI) e di Fondazione Con il Sud -, il coinvolgimento attivo delle intere comunità e la sinergia tra Chiesa, terzo settore, imprese e amministrazioni locali.
Un progetto che comporta una «grande responsabilità» - come ricordato da Papa Francesco in occasione dell’udienza con i “Custodi del Bello” promossa lo scorso 30 settembre dalla CEI e da Caritas Italiana, a cui anche Silvano, all’interno della delegazione cagliaritana, ha partecipato -. «Mi ha colpito il discorso del Papa, mi ha emozionato». Una “grande responsabilità” che lui sente da tempo, fin dal suo arrivo nella Caritas diocesana. «In un Centro di accoglienza hai la responsabilità non solo verso te stesso, ma anche verso il luogo che ti ospita e verso gli altri». E poi la nuova esperienza. «Quando lavoro mi sento bene, orgoglioso di me stesso, valorizzato nelle mie capacità: è un progetto che dà speranza. La mia vita è cambiata: mi sveglio sapendo che sono utile per gli altri. Mi sento riconosciuto, apprezzato, reinserito nella società: le persone mi salutano, mi chiedono come sto, cosa faccio e ne riconoscono l’importanza. Sono cambiato, ho una nuova fase di vita, bella. E questo cambiamento lo trasmetto in quello che faccio, rendendo più bella la mia città».
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Caritas diocesana di IGLESIAS
Custodire e custodirsi ogni giorno,
per sentirsi fratelli e sorelle di una stessa famiglia
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di Ilaria Perduca
«Custodire e custodirsi sono strettamente legati, uno non può esistere senza l’altro». Con queste parole inizia il racconto di Filomena Santeufemia, referente del Centro di ascolto zonale “Madonna del buon consiglio” di Carbonia. Filomena presta servizio nella Caritas diocesana di Iglesias dal 2018. Dopo tanti anni di insegnamento un desiderio rimane fisso in lei: non lasciarsi sfuggire le occasioni di ascolto e confronto con l’altro. Come donna, moglie, mamma e nonna sa che può ancora fare e dare molto per il prossimo, con lo stesso impegno che per tanti anni ha riservato per i suoi ragazzi. Sono tre le storie che Filomena ci regala e da cui emerge lo scambio nella custodia, affidandosi soprattutto alla cura di Dio.
Queste storie hanno dei nomi e dei volti, sono le esperienze di Andrea, Stefano e Giancarlo (nomi di fantasia). Andrea ha 24 anni, sembra più grande della sua età, dai lineamenti si capisce che ne ha passate tante. Vive in una casa organizzata con estrema essenzialità. La prima volta che si rivolge con estrema timidezza al Centro di ascolto, proprio durante il colloquio perde di colpo le forze e ha un mancamento. «Abbiamo dovuto insistere molto per capire le sue condizioni di salute - ci racconta Filomena -. Con fatica ci disse che si sarebbe ripreso subito e di scusarlo ma era tre giorni che non mangiava». Andrea, dopo un primo aiuto riguardo alle necessità primarie, è costantemente seguito dai volontari e ogni volta non mancano dalle sue labbra parole di affetto. «Voi siete la mia famiglia, qui mi sento accettato». Non diversi i sentimenti di Stefano, 25 anni, una retta via smarrita più volte. Dopo un periodo in carcere si è ritrovato pieno di pendenze economiche e senza un lavoro. Lungo e tortuoso è il percorso che ha dovuto compiere e che ancora oggi deve affrontare, ma non smette di ripetere che dai volontari si sente capito e mai giudicato. La custodia spesso richiede piccoli e poco eclatanti gesti, basta un cuore pronto all’ascolto, prima azione della relazione di aiuto. Come l’ultima storia, quella di Giancarlo di 60 anni che precisa di non aver bisogno di nulla, ha tutto quello che gli occorre se non la cosa più importante: poter fare quattro chiacchere con qualcuno. «Le storie di Andrea, Stefano e Giancarlo, come tante altre, ci fanno capire tutto il bene che possiamo fare ogni giorno - prosegue Filomena -. Siamo noi a essere grati a loro perché ci accolgono come amici e si fidano di noi. È per noi un insegnamento vedere come si affidano completamente e si mettono nelle nostre mani, ci fa pensare a quale grande responsabilità siamo chiamati». In fondo, è lo stesso affidamento che i volontari fanno ogni giorno nei confronti dell’Altro e degli altri.
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Caritas diocesana di LANUSEI
Custoditi da Dio e custodi del prossimo
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di Augusta Cabras
Che la Provvidenza accompagni la vita, Lorenzo (nome di fantasia) ne è certo e per lui ha il volto anche delle volontarie e dei volontari della Caritas diocesana di Lanusei.
Lorenzo è un uomo di mezza età, nonostante il fisico lo faccia sembrare molto più giovane. Nella vita ha sofferto tanto e la condizione di povertà materiale lo ha portato, anzi, quasi costretto, a chiedere una mano d’aiuto.
Suor Paula è stata una delle prime persone che lo ha accolto nella sede di Lanusei, dove condivide la sua opera di carità con le consorelle e i volontari che si alternano. «La povertà materiale è stata la prima povertà manifestata da Lorenzo - racconta suor Paula - a cui abbiamo cercato di rispondere con i mezzi che ha la Caritas: la fornitura di alimenti, un sostegno economico quando è stato necessario, la consegna dell’abbigliamento in alcune circostanze e il coinvolgimento in piccoli lavori che valorizzassero le sue competenze. Quasi subito abbiamo capito che il nostro fratello aveva bisogno anche di altro: un ascolto sempre più frequente, una prossimità costante a lui e alla sua famiglia, la visita periodica nella sua casa, che presenta molti limiti strutturali insieme al fatto che si trova in periferia. Questo aspetto ha sempre complicato un po’ le cose e aumentato il senso di solitudine e di isolamento. Nel tempo Lorenzo si è aperto sempre di più - continua la suora - mostrando le sue fragilità con fiducia e umiltà. Lorenzo soffre d’ansia, che soprattutto in ambito lavorativo è diventata invalidante. L’avvio di un percorso psicologico lo sta aiutando e speriamo che possa stare sempre meglio».
Nella complessità della vita umana dove il più delle volte i problemi si aggrovigliano e si sommano, mantenere alta la fiducia e la speranza non è cosa da poco.
«Sentirci custoditi dall’amore e dalla misericordia di Dio ci consente di salvarci dalla disperazione di fronte alle tante forme di povertà a cui proviamo a dare delle soluzioni - aggiunge con un sorriso suor Paula -. Questo amore e questa misericordia che noi riceviamo proviamo a manifestarla alle persone che si rivolgono a noi. Nel caso di Lorenzo, la fiducia che ripone in noi, la gratitudine che manifesta costantemente e la sua grande fede aiuta questo cammino che è condiviso». Così, essere custoditi da Dio e allo stesso tempo custodire il prossimo aiutandolo ad avere consapevolezza della sofferenza per poterla poi superare, è la strada in cui la carità trova compimento.
Caritas diocesana di NUORO
“Inferno e Paradiso”
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a cura della Caritas diocesana di Nuoro
Incontriamo Fiorenza, 52 anni, nella sede della Caritas diocesana di Nuoro a cui si è rivolta per essere protetta dopo un caso di violenza. Ascoltiamo la storia della sua vita per quasi un’ora. Fra le altre cose lei fa l’attrice di teatro e, con il suo linguaggio forbito e gradevole, riesce a renderci spettatori di un racconto di volta in volta affascinante, triste, commovente, nostalgico, freddo, incredibile. «In Caritas ho trovato una casa». Per lei il concetto di casa corrisponde a tranquillità, serenità, pace, «tutto quello che per me una casa non è mai stata. Qui mi sono sentita custodita». Più che dagli altri, da se stessa, dalla tendenza a perdersi. In lei vive “un’attrazione fatale” verso certe cadute che la conducono ad abbandonarsi nei confronti di frequentazioni superficiali. Fiorenza è figlia di una famiglia molto ricca e questo l’ha allontanata dalla capacità di capire il valore del danaro e della stessa ricchezza. In questa esperienza di custodia è stata accompagnata in un percorso di educazione finanziaria dove ha capito che anche la sua enorme generosità va dosata. «Ho acquisito la consapevolezza che è giusto dare ma con misura, trattenendo per sé sia in termini emotivi, che energetici, che economici. Occorre trattenere per sé il giusto». In questo senso è cambiata anche la sua visione della fede. Sua madre, anche maestra spirituale, le ha inculcato una visione distorta della donazione. Quindi ha scoperto che la disponibilità economica, il tempo, il corpo, così come lo spirito, vanno saputi dosare. Nessun regalo. Anche in questo contesto occorre trattenere qualcosa per sé. Lo dicono i testi sacri. «Io sto facendo custodia di questi significativi insegnamenti ricevuti – dice la nostra interlocutrice – con una velata soddisfazione». Ma la vera svolta arriva nel momento in cui da custodita, Fiorenza, decide di diventare custode. Aiutare le donne: vittime di abusi o che hanno regalato il loro corpo, che sono finite per strada o che sono rimaste tristemente sole. Un sogno sognato a lungo che ora diventa realtà. Aiutare gli altri anche ad una cura estetica, verso una loro dignità. «Gesù non era uno straccione – ricorda di aver sentito dire da un religioso – Gesù era figlio di Re con una profonda dignità». Insegnare a curare se stessi, anche con quel pizzico di giustificata vanità. Non una vanità estetica ma facendo attenzione ai comportamenti, usare un linguaggio e manifestare atteggiamenti gentili. Ed è con questo garbo e questa delicatezza che Fiorenza diventa volontaria Caritas. Nella nuova fase della sua esistenza ha deciso di vivere a Nuoro, in una comunità di persone che hanno saputo apprezzare le sue mille ricchezze. Se il Paradiso esiste, un pezzo, lei, lo ha già trovato.
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Caritas diocesana di ORISTANO
Storia di Natalina, una madre guidata dalla fede
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A cura della Caritas diocesana arborense
Natalina (nome di fantasia) è una donna che nella sua vita ha sperimentato più volte il significato della parola “custodire”. Quando si rivolse per la prima volta al Centro di Ascolto diocesano stava affrontando un periodo molto difficile non solo dal punto di vista economico ma soprattutto emotivo.
Viveva infatti una situazione difficile con uno dei suoi due figli, ed era questa la cosa che le procurava più dolore. Francesco (nome di fantasia), alcolista ormai da diverso tempo, era diventato così violento anche con lei da costringerla a denunciarlo e allontanarlo da casa.
In quel momento convivevano in lei sentimenti contrastanti: «da un lato, volevo aiutare Lorenzo (nome di fantasia) che, insieme alla moglie e mia nipotina, era tornato a vivere da me perché non aveva più il lavoro; dall’altro, speravo, con questa decisione così drastica, di portare Francesco a curarsi e cambiare vita». Natalina sentiva dentro di sé l’istinto di dover custodire e proteggere entrambi i suoi figli ma non capiva quale fosse il modo giusto. Per diverso tempo non ha avuto notizie di Francesco fino a quando non è venuta a sapere che dormiva per strada e la sua situazione non era cambiata ma, anzi, era peggiorata. Francesco era per lei un pensiero fisso e «una notte, brutta, fredda, con una pioggia che non finiva più, non ce l’ho fatta più e sono andata a cercarlo. L’ho trovato che dormiva sulla panchina in piazza e me lo sono riportata a casa. Una mamma non può lasciare un figlio così, non si può, anche se ha fatto tutto quello che ha fatto. Altrimenti in chiesa che cosa ci vado a fare?».
Natalina è infatti una donna di grande fede ed è proprio questo che l’ha aiutata ad affrontare non solo la situazione di Francesco che ora, a distanza di anni, è leggermente migliorata, ma anche la malattia della nipotina e la crisi matrimoniale di Lorenzo. «Guarda! È Lui – esclama indicando il quadro raffigurante il Sacro Cuore di Gesù, realizzato da uno dei detenuti della Casa di Reclusione di Massama e appeso in una delle sale del Centro di Ascolto diocesano – è solo Lui che mi dà la forza, io lo prego e gli dico: pensaci tu a loro!».
Adesso la bambina è guarita completamente e anche i rapporti tra il figlio e la nuora sembrano essere più distesi. Natalina continua a sperare che Lorenzo e la moglie possano tornare insieme e, se questo succederà, sarà anche grazie alla sua determinazione e alla sua grande fede che l’ha portata a trovare sempre il modo di custodire le persone care.
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Caritas diocesana di OZIERI
“LEGAMI D’ARGENTO” per custodirsi insieme
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di Annamaria Sanciu
«È proprio vero! Spesso si è convinti che la parola “POVERI” si riferisca solo a quelle persone che vivono nell’indigenza più profonda, nel bisogno che urla giustizia e nella fame di beni materiali, ma oggi anche io posso dire di essere profondamente povera e felice di esserlo!». Così Rosa, esordisce all’inizio dell’ultimo incontro di formazione proposto dalla Caritas diocesana di Ozieri dedicato ai volontari del progetto Legami d’Argento. È un progetto 8xmille che ha l’obiettivo di diffondere una cultura di solidarietà che aiuta la comunità a crescere nell’accoglienza e nell’inclusione, in particolare verso gli anziani soli e vulnerabili. Rosa già dal primo incontro resta colpita dalla familiarità con cui le persone si relazionavano fra loro. «Ricordo bene un incontro che aveva l’obiettivo di allenare l’orecchio e il cuore all’ascolto attivo dell’altro. Ero stata abbinata a una delle ragazze più giovani, di nome Beatrice, che mi raccontò qualcosa di molto profondo e intimo. Ha sempre prestato il suo servizio nella Chiesa, ma oggi quel servizio la stava soffocando, riempiendole la testa e il cuore di corse e ansia. Man mano che il corso procedeva, Beatrice, si era resa conto che il suo problema non era il numero di impegni presi, ma il ‘come’ viveva ogni singolo appuntamento e incontro». In questo è stata essenziale la sua vita di preghiera che faceva fatica a vivere nella serenità «perché anche quella era una cosa da fare», ma è attraverso quei momenti di silenzio e meditazione, che ha avuto la luce per mettere insieme i pezzi di un puzzle che non riusciva a costruire da sola. «Mi sono resa conto - ha detto Beatrice - che la Chiesa continuava a darmi belle occasioni per crescere nel servizio e, questa volta, a favore degli anziani. Spesso noi giovani diamo per scontata la loro presenza e non siamo consapevoli del dono che loro sono per noi e per la nostra società. Sono le radici che per anni hanno tenuto in piedi la nostra vita e che ora sono bisognose di cura, amore e custodia». Rosa oggi è contenta di aver partecipato agli incontri e conclude: «Sono queste le parole che custodisco perché mi sono accorta di quanta ricchezza ci fosse in questi incontri fatti anche di racconto reciproco. Il vissuto di Beatrice è stato una chiave di lettura per le mie giornate e le sono grata per avermi resa custode della sua esperienza e di avermi dimostrato quanto la sua “povertà”, condivisa, sia diventata per me una grande ricchezza».
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Caritas diocesana di SASSARI
Le relazioni che cambiano la vita: la storia di Piera
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di Lidia Lai
Piera è una giovane volontaria che offre il suo servizio sia nel magazzino della Caritas diocesana di Sassari, sia nel Centro di distribuzione Caritas della Parrocchia San Nicola.
Ha iniziato il suo volontariato qualche anno fa in seguito a un invito ricevuto da Giovanna, responsabile del magazzino diocesano. Il suo servizio prevede la distribuzione dei viveri alle realtà diocesane e parrocchiali affiliate come Organizzazioni Partner Territoriali (OPT) previste dal sistema FEAD (Fondo di aiuti europei agli indigenti). All’interno del magazzino, pertanto, Piera non ha contatti diretti con le persone in stato di povertà ma con i referenti diocesani e parrocchiali che si occupano della distribuzione nelle diverse Caritas e non solo.
Prima di questa, non aveva avuto esperienze simili e già dal primo momento si è accorta che questo servizio la arricchiva personalmente, «la sera torno a casa stanca, sporca ma con il sorriso».
Circa un anno e mezzo dopo la proposta di Giovanna, il parroco di San Nicola, don Marco, propone a Piera di offrire il suo servizio nella Caritas parrocchiale. Piera accetta volentieri l’invito, ma inizialmente lavora “dietro le quinte”, occupandosi principalmente degli aspetti amministrativi legati alla distribuzione. Pian piano però inizia a conoscere personalmente tutte le persone che per motivi diversi si rivolgono alla Caritas parrocchiale. Riconosce i volti, i nomi, le storie. Il pacco viveri diventa lo strumento che le permette di conoscere non solo i gusti alimentari ma anche i desideri e le sofferenze delle persone incontrate. Si intrattiene con loro, custodendo ogni parola, sguardo, lacrima come dono prezioso. Sperimenta la gioia non del “fare per” ma dello “stare con” in un contesto territoriale in cui la sofferenza delle persone si tocca con mano.
Nel suo racconto emerge con forte emozione la bellezza dei rapporti umani e anche la delicatezza con cui Piera riesce a entrare nelle vite degli altri. Sono tante le storie che le hanno cambiato la vita e che custodisce nel suo cuore. Ricorda un episodio in particolare: un pomeriggio di regolare apertura della Caritas parrocchiale, chiacchierava con un papà e la sua bambina. Era iniziato il tempo degli asparagi e Piera raccontava loro della sua passione per questi ortaggi. In quel momento senza indugiare il papà prende da una busta un piccolo mazzetto di asparagi appena colti e glielo regala invitandola a prepararsi un gustoso risotto. Piera si trova inizialmente in difficoltà nell’accettare ma successivamente accoglie la proposta ricevuta con enorme gratitudine. «In quell’occasione entrambi abbiamo acquistato la stessa dignità. Ricevere quel dono mi ha riempito il cuore di gioia» racconta.
Ciò che rende unico il servizio di Piera è la sua capacità di stare in comunione con le persone incontrate in una relazione autentica di arricchimento reciproco.
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Caritas diocesana di TEMPIO-AMPURIAS
Dalla Caritas alla Cooperativa Kairos: un cammino
di inclusione
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A cura della Caritas diocesana di Tempio-Ampurias
Valeria Gala è arrivata alla Caritas diocesana di Tempio-Ampurias nel 2022 come tutor ed educatrice nell’ambito di una progettualità dedicata all’inserimento lavorativo di ragazzi con disabilità. «Il progetto - racconta Valeria - , della durata di sei mesi, aveva l’obiettivo di aiutarli a sviluppare fiducia nelle proprie capacità e a diventare più autonomi in vista di un futuro lavoro».
Durante questa esperienza, Valeria ha avuto modo di conoscere le loro storie, ricche di umanità, e di affrontare insieme a loro le diverse sfide quotidiane. «Ogni ragazzo mi ha insegnato qualcosa di unico - continua -. Le difficoltà che abbiamo affrontato insieme non erano solo ostacoli, ma anche opportunità di crescita, sia per loro che per me. Vederli guadagnare fiducia in se stessi è stato un privilegio».
Al termine del progetto, il direttore della Caritas le ha proposto di continuare il suo impegno come volontaria nel Centro di ascolto. «Accettare è stato naturale: sentivo che il mio percorso non era finito. Ogni giorno mi rendevo conto di quanto si potesse fare di più: non solo offrire aiuto immediato, ma creare opportunità vere e durature».
Da questa riflessione, condivisa con altri volontari, a febbraio 2024 è nata la Cooperativa Kairos, che si pone l’obiettivo di migliorare la vita delle persone più fragili, favorendone l’inserimento lavorativo. I destinatari dei progetti sono coinvolti in attività come la cura del verde pubblico, la pulizia delle strade, la gestione di strutture turistiche per conto di enti pubblici e la manutenzione di edifici pubblici e privati.
La Cooperativa, nata appunto dall’esperienza del volontariato in Caritas, porta avanti i valori evangelici, dimostrando quanto possa essere significativa l’esperienza del servizio al prossimo: «Essa - racconta Valeria - trasforma profondamente chi la vive, perché mette in contatto con l’umanità più autentica, con bisogni reali e storie di vita che insegnano a guardare il mondo con occhi nuovi, con gli occhi di Dio».
Kairos unisce il senso di servizio e solidarietà a una visione più concreta e operativa, ricordandoci ogni giorno che siamo chiamati a prenderci cura delle persone che ci stanno accanto, vivendo con amore e attenzione verso il prossimo. Al tempo stesso, ci ricorda che facciamo parte di un “disegno” più grande in cui ogni gesto, per quanto piccolo, contribuisce a portare luce e speranza nelle vite degli altri e nelle nostre.